
A quattro anni di distanza dalle ultime date negli stadi di Roma e Milano nel 2019 e un anno dopo le apparizioni sui palchi del Firenze Rocks e dell’Alcatraz di Milano, i Muse ritornano in concerto all’Olimpico di Roma per il primo dei due appuntamenti italiani (il secondo sarà il 22 luglio a Milano, San Siro).
In stato di grazia, Matthew Bellamy, Dominic Howard e Chris Wolstenholme hanno presentato al pubblico i brani dell’ultimo album “Will of the people”, uscito il 26 agosto 2022.
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Il racconto del concerto dei Muse a Roma
Dopo aver posticipato l’orario dello show per problematiche legate al caldo record che ha colpito la Capitale – nel pomeriggio la temperatura è arrivata a 42° -, il trio inglese di Teignmouth si presenta sul palco dell’Olimpico alle 22 per quasi due ore di show rock, infuocato e politicizzato. Mentre la title track dell’ultimo lavoro, “Will of the people”, apre il sipario, il logo infuocato della nuova Muse Era impera sopra le teste dei tre musicisti, muniti di maschere specchiate alla Squid Game.
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“Will of the people”, l’album influenzato dalla pandemia
Influenzato dalla pandemia di Covid-19 e dalle proteste razziali del 2020 negli Stati Uniti d’America, “Will of the people” (letteralmente ‘Volontà del popolo’) mette in musica i pensieri e le rivolte interiori di Matthew Bellamy e segue il suo primo disco solista “Cryosleep”, uscito nel 2021, di cui è stata eseguita live “Behold, The Glove”. Un lungo cammino nel deserto del leader della band – come si vede anche in alcuni teaser video tra un brano e l’altro durante il concerto romano -, per riuscire ad arrivare a una nuova città, a un nuovo futuro, dopo un’Apocalisse che sembra aver sterminato l’umanità.
Mentre “Simulation Theory” del 2018 fu la grande fuga negli anni ’80 con richiami tanto a Michael Jackson quanto a Tron, “Will of the people” è il manifesto della nuova opera rock targata Muse. Stabili i rimandi alla musica classica, ai Queen e a Andrew Lloyd Webber nei sette nuovi brani in scaletta – ne è un limpido esempio la “Fuga in La Minore” di Johann Sebastian Bach eseguita prima di “You Make Me Feel Like It’s Halloween” -.

La dedica a Lina
Quasi a metà scaletta i Muse suonano “Verona”, estratta dal loro ultimo disco “Will of the people”. «Questa canzone è dedicata a Lina», ha detto Matt Bellamy dal palco. Scomparsa pochi giorni fa, Karo Cuellar era una fan messicana della band, membro della fanbase centroamericana della band.
Solo qualche ora prima il trio del Devon aveva ricordato la fan anche con un post sui social: «Non siamo niente senza i nostri fan! @karisme11 noto a molti come Karo o Lina era qualcuno che amavamo vedere ai nostri spettacoli. È venuta al nostro concerto a San Diego solo pochi mesi fa per celebrare il suo 40esimo spettacolo. Lina era il cuore e l’anima di @musersofmusemex e avrebbe viaggiato in tutto il mondo per vederci suonare. Siamo così rattristati nell’apprendere della sua scomparsa e inviamo le nostre più sentite condoglianze alla sua famiglia, Musers of Muse Mexico e a tutti coloro che l’hanno amata teneramente. Ci mancheranno terribilmente lei e il suo adorabile spirito».
Le hit dei Muse
Assenti i brani del primo album, “Showbiz” (1999), mentre dal secondo, “Origin of Symmetry” (2001), c’è “Plug in Baby”, in cui Matthew Bellamy accende come una motosega la sua chitarra. E ancora “Stockholm Syndrome” e “Hysteria”, nella prima parte dello show. Come prevedibile, ampio spazio alle canzoni degli ultimi album, quelli che hanno consegnato ai Muse lo scettro di rock band più famosa del pianeta, con oltre 30 milioni di copie vendute e due Grammy Awards.
Presenti tre brani da “Black Holes & Revelations” (2006), l’album che ha consacrato i Muse al grande pubblico: la romantica “Starlight” (spunta anche una bandiera spagnola nel prato), la instagrammabile “Supermassive Black Hole” e la finale “Knights of Cydonia”, con il solito intro di armonica suonato da Chris Wolstenholme (è “Man with Armonica” di Ennio Morricone). Tre canzoni anche da “The Resistance” (2009): “Uprising” (acclamata a gran voce dal pubblico romano), “Resistance” e “Undisclosed Desires”, suonata sulla passerella, quasi in mezzo al pubblico.
Standing on the shoulder of giant
Intanto torna a indossare la maschera specchiata Matthew Bellamy e si siede sulla spalla sinistra del gigante appoggiato sul palco per regalare ai fan una versione alternativa e strumentale di “The Dark Side”. L’unico sopravvissuto in questo mondo postapocalittico si prende un attimo di respiro per cantare le sue odi al mondo che non c’è più, attirando gli sguardi dei 40 mila come un moderno pifferaio di Hamelin.
Il gigante diventa un diavolo
Essere o non essere. Uccidere o essere uccisi. Il dilemma shakespeariano prende forma nella testa di Matthew Bellamy e, durante “Kill or be Killed”, il ‘mostro’ alle spalle dei Muse, prima con le fattezze del rivoluzionario inglese, diventa ora un enorme demonio che aleggia alle spalle di Matt, Dom e Chris mentre loro continuano a fare quello che gli riesce meglio: suonare.
La scaletta dei Muse allo Stadio Olimpico di Roma
- Will of the People
- Interlude
- Hysteria
- [Drill Sergeant]
- Psycho
- Stockholm Syndrome
- Resistance
- Won’t Stand Down
- Kill or Be Killed
- Compliance
- Thought Contagion
- Verona
- Interstitial ‘Parkour’
- Time Is Running Out
- The 2nd Law: Isolated System
- Undisclosed Desires
- You Make Me Feel Like It’s Halloween
- Madness
- We Are Fucking Fucked
- The Dark Side
- Supermassive Black Hole
- Interstitial ‘Driving’
- Plug In Baby
- Behold, the Glove (canzone di Matt Bellamy)
- Uprising
- Prelude
- Starlight
- Simulation Theory Theme / [JFK]
- Kill or Be Killed
- Knights of Cydonia