
Il cantautore toscano Diego Esposito è tornato con il nuovo EP “Panic Room”, sei tracce nate dal disordine emotivo che racchiudono il fascino e l’essenza della confusione.
Una “Panic Room” in cui fermarsi e ascoltare le proprie sensazioni mentre tutto intorno cambia: la voglia di dare una forma e un colore alla confusione per Esposito alla fine riesce a generare più disordine di prima. In copertina, un abisso blu elettrico popolato di mostri preistorici per raccontare le paure più intime, quelle ataviche, nascoste dentro di noi. Esposito mette in mostra così la sua “stanza del panico” in cui cela le sue preoccupazioni più profonde e i suoi scheletri ancora nascosti nell’armadio…

Come nascono i brani di “Panic Room”? Da quanto tempo provi questa ‘confusione’?
Ciao! Ho scritto queste canzoni durante il primo lockdown. Nascono davanti al pianoforte di casa mia, ho fatto delle pre-produzioni, passandoci intere giornate. Questa volta al contrario dei dischi precedenti sono partito dal suono invece che dal testo, ad esempio per “I Giorni” nasce prima la produzione, il testo e la melodia sono venuti fuori praticamente insieme in un momento successivo. La confusione la provo da quando ho quattro anni, magari anche prima ma non ricordo. In questo EP però mi sono ritrovato a “scavare” più del solito, che di sicuro è un bene ma è anche scomodo.
Perché i dinosauri sulla copertina?
Da bambino giocavo con i dinosauri nella mia cameretta, era una cosa che mi metteva tranquillità ed è ciò che ho provato scrivendo questo disco: ho giocato al mio gioco preferito per non pensare a ciò che stava succedendo fuori. Le canzoni sono molto diverse fra loro, infatti pensavo di chiamare l’EP “5 canzoni di merda che non c’entrano un cazzo” poi è nata “Panic Room” che ha fatto da collante con tutto il resto.
In due brani ricorrono i colori blu e verde (“Blu Elettrico” e “Benzina Verde”). Il primo rappresenta in psicologia la pace e la tranquillità, il secondo la resistenza al cambiamento. Ci avevi mai pensato?
No non c’avevo pensato, però niente viene per caso, “Blu Elettrico” parla del fare pace con se stessi, mentre “Benzina Verde” parla del continuare ad andare avanti fra mille problemi e di trovare un modo a prescindere da tutto.
In “Panic Room” però ti rivolgi anche a una presenza femminile. Puoi dirci qualcosa di più?
In “Panic Room” mi rivolgo all’EP come se fosse una figura femminile. Parlo delle difficoltà che ho avuto a portare a termine questo progetto: “piove sulle mie cartine non trovo la via, vorrei avere una stanza tutta blu”. Non è stato facile convincere la mia etichetta a produrre questo disco nel periodo della pandemia, comprensibile, fortunatamente alla fine ce l’abbiamo fatta.
In tutti i brani c’è questa dimensione eterea come se fossi in un sogno, sei d’accordo? In questo viaggio hai trovato il tuo vero te stesso e ti sei tolto di dosso le paure?
Si è vero, è il senso di “Panic Room”, come se avessi voluto evadere, accedere a dei mondi magici fatti di suoni che diventano canzone. In questo viaggio ho trovato una parte di me, ma io credo di essere tante cose, questo talvolta crea degli squilibri per chi mi ascolta perché fino ad oggi ho inciso tre dischi tutti diversi fra loro, però a me piace sperimentare, non potrei fare sempre la stessa cosa, è un modo per evadere. Mi succede di ascoltare artisti che cantano sempre la stessa canzone, questo mi annoia molto, non mi piacerebbe fare la stessa cosa, quindi, spesso sono musicalmente incoerente per una questione di coerenza.
Presenterai “Panic Room” dal vivo?
Purtroppo non è semplicissimo fare dei live in questo periodo. Ormai ci sono più cantanti che canzoni, però troverò il modo, sarebbe un vero peccato aver lavorato ad un disco con tutto me stesso e poi non riuscire a cantarlo in giro.

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