Bambole di pezza: «Non sentitevi sbagliate, fuggite dai rapporti tossici. Il nostro desiderio? Sanremo»

Bambole di pezza

A 19 anni dal precedente lavoro in studio “Strike” del 2004, le Bambole di pezza sono tornate con il nuovo album “Dirty”. Nei 7 brani di cui è composto il disco, la girl punk band si fa ancora una volta portavoce di temi a loro cari, come la lotta per l’uguaglianza di genere, la lotta contro la violenza e il sessismo. 

Con un’attitudine punk rock e anticonformista che da sempre le contraddistingue, il nuovo percorso di Dani Piccirillo e Morgana Blue, insieme a Cleo (Martina Ungarelli), Xina (Federica Rossi) e Kaj (Caterina Dolci) è iniziato con i singoli “Favole (mi hai rotto il caxxo)”“Rumore”, cover del celebre brano di Raffaella Carrà, “Non Sei Sola” feat Jo Squillo, pubblicata in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne e “Io Non Sono Come Te”, un urlo generazionale contro l’omologazione che spesso segna la società odierna.

Testi provocatori e riflessioni su «quello che ci ferisce e che ci fa stare bene». Ma è anche e soprattutto «un nuovo inizio» per le Bambole di pezza, come ci ha raccontato Dani Piccirillo, chitarra e cori del gruppo.

Bentornate Bambole di pezza! Come nasce l’idea di “Dirty”? E come mai dopo 19 anni avete deciso di pubblicare un nuovo disco?
È un disco che racconta un po’ del nostro nuovo percorso, che a distanza di anni è stato un nuovo inizio, soprattutto per me e Morgana (chitarra solista) che siamo due membri storici delle Bambole. Ci siamo ritrovate ad avere nuovi input grazie a una lineup modificata nel corso degli anni. Ora ci sono delle Bambole più moderne, più contemporanee ma sempre con lo stesso mood, quello della lotta femminile contro i pregiudizi. Abbiamo tenuto un titolo corto per il disco, dopo “Crash me” del 2002 e “Strike” del 2004. In realtà speriamo di realizzare anche altro nuovo materiale, scaglionato nel tempo in modo da regalare ai fan uscite sempre più ravvicinate.

“Non sei sola” feat. Jo Squillo è stata pubblicata per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Cosa si potrebbe fare secondo te contro la violenza? Come si potrebbe sensibilizzare di più le persone?
Noi per prime abbiamo deciso di unirci a Jo Squillo che con la sua associazione aiuta le donne vittime di violenze. Perché da donne questo tema lo sentiamo molto. Ci siamo chieste come potevamo trattare questo tema nel nostro piccolo per non scendere nel banale. Innanzitutto la canzone l’abbiamo chiamata “Non sei sola” proprio per dire a noi donne di non sentirci da sole in alcuni momenti. Ed è quello che stiamo facendo con il titolo dell’album, “Dirty”, ci si può sentire sporche, quasi in difetto, di aver provocato noi una reazione sbagliata. Questo è proprio il punto da ribaltare, cioè di non sentirsi sbagliate. Mi auguro nel tempo che le generazioni nuove modifichino l’aspetto patriarcale del sesso maschile forte e di quello femminile debole, quasi una visione ancestrale e insita nella società in tanti aspetti. La violenza però si vede in tanti ambiti, è anche nella disuguaglianza di stipendi e ci sono tanti diritti negati alle madri e alle lavoratrici. Tanti temi femminili su cui lavorare. E non dobbiamo sentirci colpevoli ma allontanarci dai rapporti tossici e sbagliati. Io mi auguro che invece l’uomo con il tempo impari ad apprezzare l’evoluzione della donna e a tollerarla.

Passiamo da Jo Squillo a un’altra icona, Raffaella Carrà. Come nasce l’idea della cover di “Rumore”?
Io (Dani) sono cresciuta con i pezzi della Carrà, mi piaceva ascoltarla da bambina. La trovavo veramente un’artista a tutto tondo, era un esempio di donna dello spettacolo. “Rumore” mi ha sempre esaltato e l’ho proposta alle Bambole. La storia di Raffaella è una storia di emancipazione, ed è diventata un’icona gay perché aveva questo senso di libertà. Ci ha ispirate e abbiamo dovuto fare un tributo a lei. Stiamo facendo un omaggio dal vivo pure a Tina Turner con “Proud Mary”, anche lei vittima di violenza.

Negli anni le Bambole di pezza sono rimaste fedeli al sound punk però.
Sì, ci piace essere un po’ selvagge sul palco, è il nostro approccio alla musica. Noi sentiamo le canzoni con il nostro vissuto e le nostre viscere. Ci piacciono le chitarre e siamo nel grande albero del rock’n’roll in cui sono le nostre radici.

Il 20 giugno avete aperto i Motley Crue e i Def Leppard. Com’è stato?
L’esperienza del 20 giugno, con i Crue e i Leppard, è stata bellissima. Innanzitutto è stato un po’ un coronamento di un sogno. Siamo una band indipendente ed è stato tutto frutto della nostra voglia di suonare e di farci conoscere. Il palco era veramente grande, di quelli che ti fanno emozionare anche solo all’idea di suonare lì davanti. Abbiamo pensato a un set ragionato di mezz’ora di botte. Una grande spunta sulla nostra lista dei desideri.

Avete desiderio segreto?
Ci piacerebbe poter arrivare a più persone possibili che magari non seguono i social. Un nostro grande obiettivo è arrivare banalmente a Sanremo. Ma così come siamo, come espressione di un movimento anche femminile, senza modificare il nostro look né le sonorità. Portare una ventata alternativa di cui anche Sanremo ha bisogno, come hanno fatto i Maneskin. Grazie al loro exploit sta tornando il rock e l’Italia è di nuovo importante nel mondo dopo la loro vittoria all’Eurovision.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.