Cappadonia: «Ho costruito tutto quello che ho e che sono con la musica»

Cappadonia

“La mia casa vuota” è il nuovo singolo del cantautore siciliano Ugo Cappadonia accompagnato dalle percussioni di Emanuele Alosi e ispirato al racconto di Arthur Conan Doyle “La casa vuota”.

Nel racconto del 1903 di Doyle, Sherlock Holmes si ritrova in un’abitazione vuota esattamente di fronte alla casa in cui vive. Questo gli consente di avere una visione dall’esterno della sua stessa vita e dei suoi stessi vizi più nascosti, come il consumo di cocaina e la depressione da assenza di impegni. “La mia casa vuota” è una «confessione dei nostri segreti e dei nostri vizi che nascondiamo all’interno delle nostre case e dentro noi stessi», ha detto Ugo Cappadonia.

Cappadonia "La mia casa vuota" cover

“La mia casa vuota” prende spunto dal racconto del 1903 di Arthur Conan Doyle. Cosa ti lega all’autore e a Sherlock Holmes?
Amo i romanzi e i racconti di Conan Doyle si Sherlock Holmes… mi affascina la descrizione della società inglese cittadina e di campagna a cavallo tra 800 e 900. Inoltre Holmes è un personaggio particolare, negli adattamenti cinematografici si sorvola sul fatto che è un tossicodipendente e che da il meglio di sé solo quando lavora, per il resto è una persona difficile. Lo trovo un personaggio fantastico.

Il brano è “una confessione dei nostri segreti e dei nostri vizi che nascondiamo nelle nostre case e in noi stessi”. Quali sono questi tuoi segreti e vizi?
Certamente non sto qui a raccontarli. Il brano già racconta molto.

Esiste nella realtà una casa vuota in cui, ad esempio, puoi dare sfogo alla tua libertà artistica?
Sì, chiudo fuori tutto e tutti tranne il mio cane, Winston, e resto solo con arte, libri, film, musica e me stesso.

Quando dici “io ho avuto solo le canzoni per costruire il mio palazzo che crolla pezzo dopo pezzo”, a cosa ti riferisci esattamente?
Direi che è abbastanza chiaro. Ho costruito tutto quello che ho e che sono con la musica. Non è sempre facile tenere in piedi questo tipo di esistenza e più si va avanti più faccio i conti coi pezzi che perdo piuttosto che con quelli che aggiungo.

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