
<<Ca**o Piccolo, Palle Grosse>> è lo slogan di “ITASIAN”, primo disco di Mike Lennon uscito per Carosello Records. L’artista mette a nudo tutte le sue forze e debolezze, si lascia alle spalle il personaggio con la L, evidenziando la sua appartenenza a due mondi diversi ma con molto in comune: è un italiano con origini vietnamite, musicista, entertainer e producer.
In “ITASIAN” Mike racconta se stesso in maniera cruda e sincera in un vero e proprio album di puro rap con tante incursioni nel pop e non smette di <<difendere a spada tratta le diversità facendone un punto di forza>>.
Ecco l’intervista a Mike Lennon!

A tre anni dal tuo primo EP “Asian” pubblichi il tuo primo disco “ITASIAN”. Ma ti senti più italiano o più asiatico?
Sinceramente faccio fatica a sentirmi solo di una parte, mi sento un figlio del mondo perché parlo inglese molto fluente, ho parenti in America. Se devo dire la verità, più italiano perché sono cresciuto qua. Dentro di me però ho una parte più asiatica che è quella che rivivo spesso quando torno da mio padre.
In passato hai lavorato in una fabbrica di grissini, di pomodori e hai consegnato giornali. E poi è arrivato il tuo primo contratto con Carosello come Mike Lennon. Ti sentivi un po’ un troll all’inizio della tua carriera cantando con la L invece che con la R?
Non mi sono sentito un troll anzi mi sono sentito parte di un esperimento incredibile che nessun altro avrebbe fatto. Non lo definirei troll ma un esperimento, è nato proprio così con Lussorio. Una sera sono tornato a Parma e gli ho mandato “Konichiwa”, il primo pezzo con la L, e da lì è nato tutto.
Il primo singolo del tuo disco, “Kanye West”, è una canzone matura o sbaglio?
Lo è. Ammettere a 26 anni di riuscire a parlare di tutti questi argomenti che nessuno della mia famiglia è riuscito a tirare fuori non è stato facile.
“Kanye West” fa da contraltare però con “Ninja”, passi dal tuo pezzo più sincero a quello più pazzo. In mezzo ci sento il vecchio Mike con una parte di te più matura anche a livello di basi, più internazionale. Sbaglio?
Sul sound sono mega proud! Tutte le persone con cui lavoro non avevano sentito nulla di me a parte la roba con la L e sono rimasti sorpresi. È quello che ho sempre ricercato, ci tengo molto al sound, ha una sua personalità. C’è un grande sviluppo rispetto a prima e questo progetto lo vedo come il pezzo di puzzle che collega il me vecchio con quello che si vedrà da ora in poi, il Mike da sposato. Questo è il disco che precede il mio matrimonio, frutto di sbattimenti tra l’inizio della pandemia, il mollare il personaggio con la L, fino a sposarmi. Questo è il resoconto.
Quindi la tua nuova strada è quella di essere più serio?
Serio per me è tutto. Anche il personaggio con la L era serio, se non lo fosse stato non avrebbe parlato di fronte a 500 persone in Università, con il Corriere della Sera, al Mi Ami. Serio per me è inteso come prendere professionalmente qualcosa e riuscire a portarlo a termine. Chiaramente il mio è un modo di essere scherzoso, non prendersi troppo sul serio, la mia base. Detto ciò vorrei anche col tempo far capire quanta cura c’è a livello di testi e musica. Ci vorrà un po’ più di tempo.
“Lady” parla del tuo rapporto con tua moglie. Come e quando nasce il brano?
Il brano c’era da poco prima dell’inizio della pandemia. Volevo fare un testo d’amore e mi è venuto quando, durante la pandemia, ci siamo sposati con mia moglie, che è russa. Dovevamo capire dove portare la relazione. Abbiamo deciso di continuare e “Lady” è venuto fuori in maniera molto leggera, l’ho scritto in un pomeriggio in studio, senza troppe pretese.
Tra i tuoi idoli ci sono i Beatles e Kanye West, cosa li accomuna? E cosa hai portato di loro nel tuo disco?
Li accomuna sicuramente l’originalità, sono unici. È quello che voglio essere io. Per me Kanye West è l’artista di questo secolo, non c’è nessuno che sia comparabile a lui come artista, per la visione delle cose e per i modi. C’è una frase sua che cito sempre: “Uso l’arte come scudo per difendermi in questa società capitalista”. Lui ha 43 anni, chi glielo fa fare di progettarsi tutto, ogni volta è una trovata che è al di fuori della normalità. E questo voglio fare io, ad esempio la roba della L è un qualcosa che non si è mai visto.
Porti la tua originalità avanti quindi…
Sì, penso di avere un gusto mio, particolare. Sia quello che faccio da produttore che da artista ha un senso suo che lo distingue da tutto il resto. Per me questa è la cosa che mi accomuna con Kanye. Le ispirazioni in generale vengono sempre da quello che hai sentito e da quello che ti piace, non lo decidi tu, è sempre inconscio.

Se dovessi descrivere “Itasian” con una sola parola?
Potente. Io cerco sempre nei pezzi energia, a prescindere se sia una ballad o no, l’intenzione deve essere forte. Non è assolutamente la mia Gioconda, ma è più un insieme di dolori, oscurità e sfoghi divertenti dei miei ultimi due anni. È il punto di passaggio tra il me vecchio e il me nuovo. Sono tutti brani con un’energia molto forte.
Nel 2019 ti ho visto sul palco del Mi Ami a Milano e mi pare tu sia stato il primo artista asiatico ad esibirti su quel palco. Che esperienza è stata?
Sono stato il primo asiatico a fare tutto. Ricordo al Mi Ami che dopo i primi due pezzi si è riempita tutta la Collinetta e ho capito un po’ di cose: il live può portarmi tanto e mi piace tantissimo. Questo è il disco figlio di una pandemia ed è pensato molto per la parte live, non vedo l’ora di portarlo sui palchi.
Per quanto riguarda la parte live, come ti stai preparando?
Sicuro non avrò una band però sono sempre pronto. Non c’è ancora nulla di progettato. Voglio portare la mia carica sul palco!