
Il compositore e pianista Fabrizio Paterlini è tornato con “Transitions”, sette microstorie ed un brano, “Eyes Closed”, improvvisato durante la session di registrazione a Villa Dionisi a Verona.
Il lavoro rappresenta otto ‘transizioni’, momenti di passaggio in cui Paterlini trasmette una pluralità di sensazioni in poco più di 11 minuti. Ognuno dei brani è stato postato sulla pagina Instagram di Fabrizio con cadenza quasi quotidiana alla voce di “Quante emozioni sei in grado di provare in un minuto?”.
Noi abbiamo parlato con Fabrizio Paterlini del suo passato, di “Transitions” e della musica classica nella nuova era.

1) Negli anni ’90 ti sei esibito come musicista pop, rock e jazz. Qual’è stato il tuo primo approccio alla musica? Quali sono stati i tuoi artisti preferiti in adolescenza?
Ho iniziato a suonare prestissimo. Credo avrò avuto 6-7 anni quando mi sono seduto al pianoforte di casa e ho iniziato a strimpellare qualcosa ad orecchio. Ho da subito amato il blues e il rock ‘n roll degli anni ’60, Little Richard, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis ed altri esponenti di quel periodo. Ho poi iniziato a studiare la musica classica e successivamente mi sono accostato ad rock/prog anni ’70 con una band di amici del paese in cui vivevo al tempo. I miei artisti preferiti si dividono fra le icone rock anni ’70, appunto, quali Pink Floyd, Deep Purple, Yes e artisti che ho amato degli anni ’90 come Nirvana, Soundgarden e molti del movimento Grunge che mi hanno accompagnato per molto tempo.
2) Nel 2012 hai pubblicato “Autumn Stories” seguito sei anni dopo da “Winter Stories”. Hai in mente di pubblicare anche i capitoli “Spring” e “Summer”? Quale è la stagione più prolifica per la tua musica? E quale quella che senti più vicina ai tuoi stati d’animo?
“Winter Stories” è stato pubblicato molto tempo dopo “Autumn Stories e non so se ci sarà un seguito per le altre due stagioni (ride). Mi affascina però pensare ad un concept composto in estate: il contrasto tra musica malinconica e triste e l’energia positiva che si respira durante l’estate credo possa produrre qualcosa di interessante.

3) Parliamo di “Transitions”. Sette brevi storie della durata di un minuto e il brano “Eyes Closed”. Alla luce della tua affermazione su Instagram, stavolta ti chiediamo noi “Quante emozioni Fabrizio Paterlini è in grado di provare in un minuto”?
Un’infinità! Scherzi a parte, la parte emozionante è per me quella della performance live: l’energia che scambio con il pubblico è importante tanto quanto una buona esecuzione al pianoforte. Dico sempre che il pubblico è l’ottava nota: se arriva qualcosa al pubblico durante un mio concerto è merito anche dell’energia che ricevo dalle persone quando sono sul palco.
4) Con “Transitions” si aprono le porte della musica (e del pensiero) internazionale. Tra le 8 tracce noi avvertiamo una vicinanza con le opere di Hans Zimmer, sei d’accordo? A quale autore di colonne sonore ti senti più vicino?
Da sempre le mie musiche hanno avuto una platea internazionale: fin dal primo “Viaggi in aeromobile” nel 2007, spedivo CD soprattutto all’estero! Sono sicuramente convinto che questo tipo di musica sia una musica “di immagini” e che possa essa stessa diventare colonna sonora della vita di ciascuno di noi. Non ho autori preferiti fra quelli che tradizionalmente compongono colonne sonore: credo che ogni compositore, se coinvolto nel progetto adatto, possa creare musica adatta alle immagini che scorrono sullo schermo.

5) Nell’ultima decade c’è una maggior attenzione del pubblico più giovane verso la musica classica di autori come te, Ludovico Einaudi, Bruno Bavota ma anche Nils Frahm e Thom Yorke. Credi che Spotify e il cinema abbiano aiutato i gusti di questi ‘nuovi ascoltatori’ a una maggiore sensibilizzazione verso il genere?
Ho notato un crescente interesse in questo tipo di musica anche in Italia in questi ultimi tempi, in effetti. Sicuramente le piattaforme di streaming aiutano a scoprire e a “scavare” in generi di nicchia: gli algoritmi che creano le “radio personalizzate” portano ad imbattersi in musica nuova e, sui grandi numeri, anche un genere secondario come la “modern classic”, può godere di una “popolarità” del tutto insperata 10 anni fa. In Italia siamo forse all’inizio della scoperta di questa musica che ormai ha messo radici profonde nel resto d’Europa, Russia e Stati Uniti: forse, come dici tu, è forse una questione di tempo e l’uso sempre più capillare delle piattaforme digitali aiuterà sempre più persone a cogliere le emozioni che queste sonorità possono dare.