STONE TEMPLE PILOTS: la recensione di “Stone Temple Pilots” (2018)

NOME

Stone Temple Pilots

GENERE

Rock/Alternative/Grunge

ESORDIO

Core (1992)

ULTIMO ALBUM

Stone Temple Pilots (2018)

COPERTINA

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ELENCO CANZONI

Middle Of Nowhere
Guilty
MEadow
Just A Little Lie
Six Eight
Thought She’s Be Mine
Roll Me Under
Never Enough
The Art Of Letting Go
Finest Hour
Good Shoes

VIDEO/SINGOLI DALL’ALBUM

 

PUNTO DI VISTA

Robert e Dean DeLeo hanno dato alla luce il nuovo album degli Stone Temple Pilots con il cantante ex concorrente di X-Factor Jeff Gutt. Ma ce n’era davvero bisogno?

Gli Stone Temple Pilots sono una delle band più apprezzate del rock americano anni 90 e, seppur non coincidendo stilisticamente con Pearl Jam, Nirvana o Soundgarden, sono stati infilati nel filone grunge. Durante la loro carriera hanno pubblicato 6 album tra il 1992 e il 2010 con Scott Weiland alla voce, regalando alla musica mondiale canzoni rappresentative di una generazione come Plush e Lady Picture Show. A 8 anni dall’ultimo disco omonimo con Scott alla voce, arriva un nuovo e omonimo LP dei Pilots con Jeff Gutt alla voce.

Il nuovo vocalist del gruppo di San Diego non ha colpe se il suo timbro vocale ricorda quello del compianto Weiland – gli Stone Temple Pilots sono sempre stati uno dei suoi gruppi preferiti – e non ha nemmeno colpe nella stesura dei nuovi brani che somigliano così tanto a un qualunque prodotto degli ultimi 20 anni dei fratelli DeLeo. Ma sì ha la colpa di voler assomigliare così tanto a quel Scott Weiland che ormai tre anni fa è stato trovato nel suo tourbus senza vita dopo un mix di alcol e droghe.

Robert e Dean sono maledetti. È brutto dirlo ma è così. Dopo aver allontanato malamente Scott nel 2013, il cantante si è tolto la vita due anni dopo e così è successo a Chester Bennington. Il leader dei Linkin Park, impiccatosi nella sua villa californiana nel luglio 2017 ha accompagnato i Pilots dal vivo tra il 2013 e il 2015 e anch’esso due anni dopo si è tolto la vita. Coincidenze sì, finora.

Ma perché non pubblicare un disco con Chester Bennington alla voce?
Perché semplicemente i DeLeo volevano Scott Weiland come unico e vero cantante della band ma doveva mettersi prima in riga, troppa droga, troppi vizi all’alba dei 50 anni. Non c’è stato tempo. E allora via Bennington che intanto aveva da fare con i suoi Linkin Park e dopo acute riflessioni entra nella squadra mesi fa Jeff Gutt.

Stone Temple Pilots è il settimo album di una band che vuole continuare a suonare per smania e perché ormai il nome deve portare avanti la baracca: 12 canzoni in cui si sentono troppi (troppi!) echi di quella band che un tempo era chiamata Stone Temple Pilots.

Cercare di conquistare il mondo senza l’arma X.

VOTO: 5

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