
“Torpedine” è l’EP di debutto del progetto solista di Mattia Mari, L’Avvocato Dei Santi, il primo di una serie di volumi che verranno. Finalmente, un nuovo e definitivo capitolo per il cantautore, musicista, produttore e poliedrico esponente della scena romana, già conosciuto anche per la sua attività coi Giuda e i Belladonna.
“É un disco libero: mi sembra di vederlo come un fiume la cui acqua scorre verso qualcosa di più grande, ma solo per istinto, senza sapere veramente in quale mare andrà a finire e quale, nuova, acqua diverrà. Proprio come un corso d’acqua nasce cauto nell’oscurità, affronta violente rapide, calme vallate e accarezza la pelle di chi vi si immerge. “Torpedine” è un disco che suona forte, che deve essere suonato forte, nel quale ho detto ciò che volevo dire come ho imparato a dirlo, con un linguaggio che mi rappresenta pienamente, senza cercare di essere nient’altro che me. Una cosa che risulta più che chiara sia dal punto di vista sonoro, che da quello delle liriche.”
Track by track
UNA VOCE
Una voce è il brano che apre “Torpedine”. È un requiem per un amore disperato. Volerlo a tutti i costi e al tempo stesso volerlo tenere lontano, scacciarlo per il troppo dolore senza però dimenticarlo mai realmente. “Prendi i tuoi stracci logori, Stringimi fino a uccidere, Mi sentirai dentro di te, Una voce”. Ricordo ancora quando l’ho fischiettato per la prima volta: era il 30 dicembre 2018. Nella mia testa è un miscuglio tra una banda che suona una marcia funebre ed i Black Rebel Motorcycle Club.
NON PUOI SCEGLIERE
Quella che può essere considerata come Eva nell’Eden. Nasce da una costola di Una voce e prende piano piano forma. Una volta finita Una Voce ho pensato ci volesse proprio un pezzo come questo a seguire, come unito, che si materializzasse dall’abuso del brano precedente. È una preghiera recitata a se stessi per non perdere l’incanto. Non lasciar sfumare via la propria purezza e fanciullezza, cercando di non farsi schiacciare dal peso degli avvenimenti e da ciò che, crescendo, sembra inesorabile per tutti: finire per essere parte di un enorme meccanismo dal quale sembra non ci sia scampo. Nel finale Karla tira fuori questo intensissimo canto Yoruba dedicato a questa divinità che può essere vista un po’ come la nostra Afrodite.
PERSO PER PERSO
Questa è una canzone che nasce proprio dal titolo e dal primissimo verso, che recita -perso per perso resto qua- Ho preso la chitarra in mano, cantato quella frase con quella melodia e l’ho posata di nuovo. Ho pensato che il pezzo fosse già finito, ed in fondo è un po’ così. L’architettura sonora creata intorno a quei quattro accordi e quella melodia è ciò che rende il brano un percorso. Il testo, realizzato con la poetessa Veronica di Mauro, è arrivato piano piano, scrivendo centinaia di frasi con la stessa metrica per poi scegliere quelle che ci piacevano di più. Quando abbiamo trovato una direzione abbiamo capito che il brano parlava di dipendenze, e abbiamo continuato su quella strada. Gli splendidi cori sono di Karin Maltempo. È forse il mio pezzo preferito del disco.
VIA DI QUA
Via di qua è arrivata tutt’assieme. In poco più di un giorno ho scritto la canzone, arrangiato e registrato tutto. Poi ci ho messo quattro anni a farla uscire. Sarebbe dovuto essere il mio secondo singolo di sempre e invece eccolo qui. Parla di prendere in mano la propria vita e farne ciò che se ne vuole, senza curarsi del giudizio degli altri.
Il brano è stato missato in buona parte con il mio caro amico Dani Macchi dei Belladonna.
Una chicca riguardo il Theremin che si sente nel finale della canzone, che non è nient’altro che un’app per iPhone, registrata con un microfono davanti alla cassa del telefono stesso.
NINNA NANNA
È il brano che è cambiato più di tutti rispetto alla versione originale, che era praticamente acustico. Ero con Alex Elena (mio partner nel nostro studio di registrazione a Roma) e ascoltando il brano ha letteralmente detto “che palle peró questi due accordi, cambiamola tutta” e una volta seduto al Wurlitzer piano ha tirato fuori il giro di accordi che ora potete ascoltare. Da lì ho deciso di riarrangiare e registrare tutto da capo.
Il testo è uno spaccato della mia vita quotidiana di coppia dell’epoca. Le nostre abitudini, le nostre dolcezze, le nostre distanze. Il brano più semplice, ma al tempo stesso forse più emozionante di tutto l’album. L’unica cosa rimasta sempre uguale in tutte le versioni è la tromba di Enrico Lupi (la rappresentante di lista) che è una magia vera e propria.