
Il duo post-dark wave romano Gbresci, formato da Niccolò Barca e Edoardo Baroni, è tornato con il nuovo singolo “Spettro”, a due anni dal primo EP “Codici”. Si tratta di un brano intimo e malinconico, che racchiude anche un messaggio di rinascita e di speranza.
Raccontano i Gbresci su “Spettro”: “È il nostro inno alla gioia. L’oscurità serve per accorgersi della luce, per cui strofe cupe e malinconiche portano a un ritornello gonfio di speranze. Dopo un anno di distacco dalle scene, passato cercare un suono e un linguaggio che sentissimo di nuovo nostri, lo spettro è l’alter ego cui abbiamo affidato il compito di rappresentarci”.
Così il nichilismo anarchico che i Gbresci sentivano di voler esprimere durante il lockdown lascia spazio a un malinconico e altalenante chiaroscuro.

Due anni fa usciva il vostro primo EP “Codici”. Dopo un periodo passato a cercare un suono vostro, ora come vi sentite?
Probabilmente più vicini a noi stessi, per quanto ancora lontanissimi.
Qual è questo “Spettro” che vi portate dietro?
Ognuno di noi fa un percorso interiore, durante il quale si incontrano inevitabilmente spettri, lati di noi che ci affliggono, ci fanno sentire in colpa, ci riempiono di sensazioni negative. Spesso si cerca di affrontare questi spettri eliminandoli, coprendoli, rimuovendoli, dimenticandoli. Il nostro spettro invece ci ha insegnato che i mostri di ciascuno non si spostano da dove sono: bisogna imparare a starci insieme, a controllarli, a farseli amici. Il nostro spettro è sempre con noi: per come la vedo io, è proprio lo spettro il “tu” salvifico della canzone. Non c’è un salvatore che mi dice chi sono e “cosa cerco”, è solo guardando la propria parte oscura che si delineano i propri contorni.
Nel brano cantate “dimmi cosa cerco, dimmi perché sono perso”. Ora ve lo chiedo io: cosa state cercando?
Stiamo cercando di non smettere mai di cercare. In questo ci aiutiamo molto a vicenda devo dire.
Avete abbandonato il nichilismo del periodo del lockdown per un malinconico e altalenante chiaroscuro. Avete forse trovato la vostra strada? E quali saranno le prossime tappe?
Secondo noi, dobbiamo stare lontani dalla parola “trovare”. Il nostro primo EP è stato una scoperta, una risposta, quello sì lo abbiamo trovato. Questo disco invece è una domanda, rimarrà un cantiere aperto anche dopo la pubblicazione.
Per quanto riguarda la vita privata, abbiamo entrambi trovato molte cose negli ultimi due anni, penso che questo abbia creato per compensazione una grande confusione artistica: quando non stai male e non piangi in camera, ma hai comunque bisogno di dire qualcosa, cosa dici? Questo disco è il tentativo di dirlo.
