
Dall’esordio sul palco di Sanremo Giovani nel 2007 fino al singolo “Lupo Mannaro” e al meta-libro “Rottocalco Vol. 2”. La cantautrice romana Romina Falconi mette altri tasselli alla sua importante carriera artistica prima dell’uscita del nuovo album “Rottincuore” nei prossimi mesi.
Un periodo «molto frizzantino» per Romina Falconi che tornerà dal 24 novembre sui palchi di tutta Italia insieme a Immanuel Casto con “Insegnami La Vita Tour”. Appuntamento speciale lunedì 21 novembre all’Ostello Bello di Milano in occasione della Milano Music Week con il suo format Centro d’Ascolto Rottincuore insieme alla psicologa Monia D’Addio (info qui) in cui l’artista «si mette all’ascolto invece di farsi ascoltare».

Ciao Romina! Partiamo dall’inizio: nel 2007 hai partecipato a Sanremo Giovani con “Ama”, che esperienza è stata?
Ho un ricordo bellissimo, ero una ragazzina. Io ho cominciato a cantare prestissimo, avevo fatto tanto pianobar e anche le sagre poi mi sono trovata catapultata sul palco di Sanremo con un brano scritto insieme ai miei amici a 17 anni, un sogno trovarmi lì… È stato davvero un momento magico.
Poi nel 2012 hai partecipato a X Factor. Quello che momento è stato?
Sinceramente non ho bei ricordi. Quando ho partecipato al talent avevo già uno storico, poi per chi vuole confrontarsi e fare gavetta è un’enorme palestra. A me toccava la parte di quella strana che faceva new wave anni ’80, quello del cantante è un lavoro di saltimbanco e devi imparare sul campo. Però grazie a quell’esperienza ho capito cosa non volevo fare, è stata fondamentale.

Tutto questo per arrivare alla domanda fondamentale: chi è oggi Romina Falconi?
Wow, una domanda davvero difficile… Io sono una ragazza nata e cresciuta a Torpignattara, quartiere difficile di Roma, che ha cantato per tutta la vita, e ha avuto tra i vari casini anche la sindrome dell’impostore. Ho passato una vita ad omologarmi, pensavo che la vera me stessa non sarebbe mai andata bene, ho lavorato tantissimo per rendermi conto che invece dovevo solo vivere come volevo. Capirlo è stato uno sforzo sovrumano ma quando tocchi il fondo e non hai niente da perdere devi fare delle scelte, dopo una serie di situazioni tristi e difficili. Siamo in un’epoca in cui la cantautrice sente di dover soccombere alla sua biografia, devi essere in un qualche modo educativa: ebbene, inizio a mettere questo filone nelle mie canzoni e pian piano vengo chiamata nei locali. Ho pensato: “Vuoi vedere che alla fine questa stranezza che ho combattuto da tutta la vita qualcosa di buono ce l’ha?!”. Mi sono trovata un giorno a voler parlare di ombre, non volevo fingere di essere la ragazza della porta accanto: io sembro uscita da un film di Pasolini, i miei amici usciti dal video di “Thriller”… Ora, dopo anni di gavetta posso mantenermi facendo la cantautrice ed è diventato un lavoro proprio con le canzoni che più mi vergognavo di far uscire perché pensavo chissà che penseranno gli altri… Ora, soprattutto dopo la pandemia, più cerchi di non omologarti e più vieni premiato.
E con Immanuel Casto?
Con lui faccio dei duetti per il gusto di farli. Poi funzionano. Siamo diventati migliori amici negli anni. Le copertine dei miei singoli le fa lui, “Rottocalco” me l’ha impaginato lui. Io ascolto da Wagner ai Dream Theater, mi piace poi dargli dei riferimenti… abbiamo creato una società, nata come una factory creata. Siamo artisti polifunzionali e siamo fissati con l’America. Quando stavamo aprendo l’etichetta, nessuno ci credeva. Da lì è partito tutto, ora siamo quasi fratelli.

Nel tuo ultimo libro, “Rottocalco Vol. 2”, racconti che da piccola andavi in vacanza nella casa di tuo nonno e sentivi ululare dalla casa del vicino. Nacque allora il tuo interesse e la tua paura per il lupo mannaro. Cosa rappresenta questa figura per te?
Durante la Luna piena sentivamo questi ululati lunghissimi, quasi sofferti e dalla finestrella del bagno cercavamo di vedere un ciuffo, un’ombra ma niente… Tra tutti i mostri il lupo mannaro è sempre stato quello che mi ha sempre davvero spaventato. Questa canzone doveva chiamarsi “Croce” ma poi pensando al vicino e a me stessa è diventata “Lupo Mannaro”. Siamo un po’ tutti lupi mannari, quando rimaniamo da soli nelle nostre case siamo solo noi che facciamo i conti con il nostro mostro interiore. Tutti siamo lupi mannari, le nostre crisi esistenziali non le mettiamo davvero sui social, io non ce la faccio più con questa positività tossica in cui devi sempre sembrare vincente e sorridente. Per me è allucinante, non deve essere forzata.
C’è anche una parte a fumetti in cui canti il tuo nuovo singolo “Lupo Mannaro”
Tutto merito di quel genio di Marco Albiero, disegnatore ufficiale del merchandising europeo di Sailor Moon e Cavalieri dello Zodiaco, lavorò con Immanuel Casto al gioco di “Witch & Bitch”. Ho chiesto a lui di far diventare la canzone un fumetto. Quando mi ha dato le tavole mi sono commossa. Dopo singolo e libro, il disco sarà l’ultima cosa che uscirà, ricco di contributi e con l’idea di rimanere nel tempo.
In “Rottocalco Vol. 2” c’è anche una lunga parte in cui fai un “Processo a Dio”. Ma come ti è venuto in mente?
Sono una matta! Credo ma non sono cattolica, ognuno di noi ha la sua spiritualità, credo esista qualcuno che a volte ci sopravvaluti. Per me Dio è un feticista del libero arbitrio: noi ci aspettiamo che una persona che abbia potere lo usi, invece non è così, tanto che poi accade di tutto. Io in famiglia sono la pecora nera, metto in dubbio molte cose nella religione, credo che Dio sia di tutti, anche di chi non lo vuole. L’unico modo per affrontare questo argomento è dal punto di vista filosofico e mi sono immaginata questo: una bambina di 11 anni si sveglia e decide di portare a processo Dio che ha dieci avvocati rappresentati dai santi più famosi, quelli mainstream mentre la ragazzina ha un semplice avvocato d’ufficio.
Nel libro ci sono anche i contributi di Monia D’Addio, psicologa, con cui hai fondato il centro d’ascolto Rottincuore. Ma chi è il rottincuore secondo Romina Falconi? Dacci un identikit
Vedi, invece di fare il firmacopie abbiamo fondato un vero e proprio centro d’ascolto per rottincuore anonimi. In quelle situazioni divento Tata Francesca (“La Tata” è una serie televisiva anni ’90 con protagonista Fran Drescher ndr), sono godereccia. Mi piaceva l’idea che intervenisse una professionista, per questo ho chiamato Monia D’Addio. Il rottincuore è una persona che è stata un po’ crepata dalla vita e non si accontenta di apparire come vincente: tra alcuni miei fan ci sono degli ingegneri e in generale dei professionisti ma sono persone che non amano piangersi addosso. Il rottincuore si mette in gioco e non si sentirà mai completo, in amore è un disastro, rappresenta persone interrotte che lottano e raccontano le loro storie, e a volte sono da piangere… Il 21 novembre faremo un incontro all’Ostello Bello di Milano per la Music Week. Quello che si dice al centro d’ascolto rimane al centro d’ascolto, come al Fight Club.

Il nome del tuo prossimo album è “Rottincuore”, prende ispirazione da loro?
Sì, è dedicato a loro. Io poi sono anche una fanatica dei libri di psicologia. Sono nerd, sto chiusa in casa come se le mie canzoni fossero pozioni avvelenate… Devi sapere che se fai parte di una nicchia, la gente che ti sceglie ti piace per forza perché non sei andato mica a prendere dal mucchio, le hai scelte tu.
Ma sei anche tu una rottincuore?
E certamente! Tutti abbiamo le crepe nel nostro cuore.
Il 24 novembre partirà da Torino il tour con Immanuel Casto
C’eravamo ripromessi di farlo, ridiamo troppo sopra e sotto il palco. Ne combiniamo di tutti i colori.
Cosa dobbiamo aspettarci da Romina Falconi e Immanuel Casto sul palco insieme?
Non vi dovete aspettare la regolarità, sarà una follia totale. Ci saranno degli interventi parlati, Immanuel è il partner perfetto. Dividiamo il concerto in due, ci dividiamo perfettamente i repertori, la follia è l’unico denominatore. Sarà tutta una festa, elogiamo la nostra sana follia. Abbiamo scelto di iniziare intanto dalle tappe che nessuno dei due ha sfiorato nell’ultimo anno e poi le date di Milano e Roma le faremo nel 2023.
