Sabù Alaimo: «Canto I Superpoteri Delle “Star Della Provincia”: Tra Bellezza E Peso Della Marginalità»

Sabù Alaimo

Il cantautore siciliano Sabù Alaimo è tornato con il nuovo album “Star Della Provincia” che prende ispirazione dai luoghi e dalla straordinaria normalità dei personaggi che abitano la provincia italiana, anticipato dai singoli “Diciott’anni”, “La Giostra” e “Cattiva Strada”.

Sabù Alaimo racconta il peso e la bellezza di una presunta marginalità e la provincia diventa il punto di vista dell’autore, che dipinge la propria musica attingendo dai colori di una autenticità ancora viva, quella della provincia.

Sabù Alaimo copertina album "Star della Provincia"

Una delle opere più famose che raccontano la provincia italiana (siciliana, tra l’altro) è “I Malavoglia” di Giovanni Verga, che nell’Ottocento scriveva le gesta di una famiglia di ‘ultimi’. Secondo te oggi ha ancora senso scrivere e cantare di provincia?
Verga è uno dei miei autori preferiti, i personaggi descritti nel mio album “Star della provincia” hanno qualcosa di Rosso Malpelo del Verga, forse posseggono la bellezza e il peso della marginalità, quella marginalità che diventa centro e chiave di lettura del nostro tempo. Certo, ha senso parlare di provincia, l’Italia autentica vive lì.

Ma la provincia siciliana in cosa si differenzia dalle altre? E qual è il ‘superpotere’ del popolo siciliano?
La provincia intesa da me è soprattutto uno stato d’animo, quindi non è differente da altre provincie italiane, la condizione di provincia è simile ovunque. Non ho mai parlato di superpotere del popolo siciliano, semmai di una “straordinaria” normalità che accomuna tutta la gente di provincia. Forse il superpotere è essere se stessi nella propria quotidianità e “normalità”, lasciando il significato del termine normalità sempre in continua evoluzione.

In “Cattiva Strada” racconti come spesso la strada sbagliata serva a far capire quale sia quella giusta. Ti riferisci a qualcuno in particolare?
Mi riferisco a me stesso, agli errori che ho fatto, la mia vita e la mia musica sono, per certi versi, la stessa cosa, i miei testi sono autobiografici anche quando non sono storie reali, perché le suggestioni che vivo (a volte) sono talmente profonde da trasformarsi in canzoni.

“Caffetterie e Call Center” racconta di una giovane barista che ‘non crede più alle favole’ mentre ne “Il Pazzo” canti di un personaggio che esiste in quasi tutti i paesi. Si ispirano a persone reali?
Si, sono persone reali che ho incontrato suonando per la Sicilia e non.
“Il Pazzo” è stata scritta dopo essere stato a Randazzo in provincia di Catania, mentre “Caffetterie e Call center” l’ho scritta ispirandomi ad una barista di un piccolo bar nella statale 113, strada che collega Palermo con Messina. Questi luoghi hanno l’energia viva e autentica di chi li abita, io non ho fatto antro che leggere dagli occhi della gente e trasformare tutto in musica. Sarebbe bello restituire tutta l’energia che ho ricevuto con un tour proprio in questi luoghi.


Chiudi l’album con “È Palermo Che Ti Piace”. Ora ti chiedo, se non fossi nato e cresciuto a Palermo, in quale altra città italiana ti vedresti?
Mi piacciono i luoghi super affollati come una metropoli, o il paesino sperduto nell’entroterra siciliano, ho vissuto entrambe le situazioni, ho abitato nel caos di Milano e Palermo, ma anche in un paesino di mille abitanti, quindi, più che altro, mi vedrei in una città all’estero, in un posto molto diverso dall’Italia.

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