The Oddroots: “Non Bisogna Farsi Schiacciare Dai Messaggi Negativi Del Vivere Moderno”

The Oddroots sono i vincitori della sezione Jazzology di LAZIOSound, contest promosso dalla Regione Lazio e rivolto ai giovani talenti del territorio laziale under 35, con il brano “Moonshine”. Il loro sound nasce da una matrice jazz per poi sterzare verso vene più reggae: il loro nuovo singolo è “Oscar Mayer” con la collaborazione del rapper beninese $uru.

Ecco la nostra intervista ai The Oddroots!

Come è nata l’idea di partecipare a Laziosound? E perché avete proprio scelto “Oscar Mayer” come brano?
L’idea di partecipare a Laziosound è nata dalla volontà di metterci in gioco e confrontarci con altri gruppi e progetti, senza particolari velleità di vittoria ma con una certa sicurezza di quello che stavamo proponendo. Il riconoscimento ricevuto ci ha confermato che questi primi passi sono stati fatti nella direzione giusta. “Oscar Mayer” è il brano del quale abbiamo fatto il video prodotto da Pepperpot con il premio del concorso mentre il brano con cui abbiamo partecipato si chiama “Moonshine”.

La Regione Lazio è sempre stata tra le regioni più attive per quanto riguarda le arti e la musica. Voi da band vi sentite valorizzati dalle tante occasioni – contest, venue, rassegne, festival – presenti sul territorio?
Devo dire che siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall’attenzione che la regione dà alle iniziative giovanili. L’opportunità economica che ci hanno dato è apprezzabile e siamo stati contenti di poterne usufruire. Tra l’altro quando abbiamo suonato alla premiazione di Vitamina G lo scorso giugno, abbiamo visto che oltre alla musica ci sono molti bandi e concorsi riguardanti i più svariati ambiti.

Chi è realmente Oscar Mayer?
Oscar Mayer è un personaggio che ci mette gli occhiali e ci aiuta a districarci tra gli aspetti paradossali e apparentemente insuperabili del nostro vivere all’interno di questa società. In questo brano abbiamo collaborato con un rapper Beninese, $uru, contaminando con l’hip hop la nostra sonorità reggae, creando un brano dalle tinte molto particolari e leggere parlando allo stesso tempo di temi molto profondi e seri.

Voi raccontate il bisogno di <<non farsi schiacciare dai messaggi negativi del vivere moderno>>. Ma quali sono questi messaggi negativi? Sono forse legati al momento che stiamo vivendo da un anno e mezzo?
La frenesia imposta dal vivere moderno, il dover trottare e lavorare senza soluzione di continuità, ampliato anche dalla pandemia, quando la reperibilità completa è diventata ormai acclarata e codificata, è un aspetto che critichiamo molto. Per noi avere la capacità e la forza di saper tacere e di stare fermi è un valore che va sottolineato con forza. Non vorrei si confondesse con semplice nichilismo; si tratta piuttosto di darsi il tempo di ragionare e pensare sulle nostre vite, senza lasciarsi trascinare dalla frenesia del tutto e subito.

Siete un gruppo numeroso e molto giovane accomunato da un amore per le contaminazioni funk, soul, hip hop ma anche dub e reggae. C’è un artista che vi accomuna e amate tutti?
Bella domanda, avremo bisogno di citarne diversi… Come radice reggae, a costa di risultare banali, sicuramente Bob Marley (di cui abbiamo fatto un medley che nella nostra scaletta è l’unico brano non originale), ma anche Erykah Badu per quanto riguarda la voce e i Fat Freddy’s Drop per quanto riguarda l’utilizzo dei fiati.

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