
<<Quando una porta si chiude, si apre un portone>>
Uno dei padri fondatori della musica alternative degli ultimi vent’anni ha deciso di mettere la parola fine a un progetto e a un percorso magnifico. Sempre coerente alle sue origini e alle sue voglie, Umberto Maria Giardini decide di deporre definitivamente Moltheni nell’armadio e chiuderlo a chiave.
Il ritorno dopo 11 anni con 11 brani in cui Umberto ha minuziosamente ricercato demo e canzoni mai rientrate in nessun album, le ha riadattate, corrette, accarezzate per regalare un testamento – seppur lui stesso identifichi il nuovo lavoro “Senza Eredità”. Perché? Stavolta è davvero la fine del progetto Moltheni, senza girarsi indietro e mettendo l’ultimo mattoncino di quella casa di campagna che da oggi rimarrà un museo vivo solo nei dischi.

Il numero primo 11 – la lunghezza perfetta per un disco fino ai primi anni 2000, prima dell’avvento delle piattaforme digitali – accende un faro sul passato di Umberto ricercatore di passioni e sentimenti. Un ricordo dietro l’altro, “Senza Eredità” si erge a best of pur essendo una raccolta di brani inediti riaffioranti dal passato.
La sensazione è quella di entrare nella casa d’infanzia e trovare tutto come lo si era lasciato tanti anni prima. Il grammofono rotto e pieno di polvere e dentro un disco di Battisti, il vento che sibila sotto le porte a creare un suono unico, la cornice del quadro in soggiorno sempre storta a ricordare il vissuto della casa. Le scale che portano al piano di sopra scricchiolano come i pensieri nel mondo moderno e una camera da letto spoglia accoglie lo sguardo, sopra la trapunta un disco, un testamento, lasciato lì per farsi ascoltare da chiunque vorrà.