t vernìce: «Vi rivelo i 5 dischi che ascolterei per sempre»

t vernìce

“sempre, always… siempre” è il primo disco di t vernìce, una vera e propria rivendicazione dei propri dubbi e delle proprie insicurezze sul presente. L’infinito, il “per sempre”, è un concetto che non ha spazio né tantomeno tempo. Per questo abbiamo deciso di chiedere a Toni in arte t vernìce i suoi 5 album preferiti, quelli che ascolterebbe per sempre.

“Mi limito ad alcuni dischi che hanno per me un valore affettivo, è la domanda più difficile del mondo”, ci ha detto.

I 5 album preferiti di t vernìce

The Velvet Underground – “The Velvet Underground & Nico”
In prima adolescenza ascoltavo prevalentemente Deep Purple, Led Zeppelin, Jethro Tull, Pink Floyd e avevo anche avuto il canonico periodo trash metal… Insomma solo grandi classici con grandissimi chitarristi ma un pochino “riccardoni”, passatemi il termine. Sempre alla ricerca di classici del Rock, mi capita fra le mani questo disco e allora capisco che la musica si può fare anche in un altro modo. Direi che è da quel momento che si è instillata in me l’attitudine a suonare le cose un po’ storte, anche a livello chitarristico.

Pixies – “Doolittle”
Questo disco è importante perché si tratta di uno degli ultimi scoperti “analogicamente”, prima di uTorrent. Mi è stato dato in copia fisica masterizzata, insieme a Surfer Rosa, da un compagno della Scuola di Musica Popolare. “Debaser” è stata la mia sveglia del telefono dal primo superiore per tutto il liceo. “Here comes your man” ha contribuito in maniera decisiva a formare l’apparato uditivo in modo da rendermi intollerabile, fastidiosa, una qualunque chitarra elettrica clean priva di chorus.

Weather Report – “8.30”
Avevo appena iniziato a suonare la chitarra, più o meno nello stesso periodo del disco precedente, e il mio vicino di casa, batterista nel tempo libero, mi consigliò, sempre chiaramente dandomi un disco pirata, di ascoltare un po’ di vera musica. Si tratta di un disco live incredibile che mi ha aperto letteralmente la testa in due. Forse primo disco “ difficile” ad avermi catturato.

Bugo – “dal lofai al cisei” / babalot – “Che succede quando uno muore”
Questa è una storia veramente millennial. Nell’era di eMule, priva degli algoritmi di suggerimento, mi reco presso l’indirizzo http://www.google.it e cerco una roba come “migliori band indie italiane”. Viene fuori un articolo nei meandri dell’internet, non ricordo su quale rivista di settore, di 100 progetti “indie” (nota, stiamo parlando dell’indie del 2008). L’ordine è alfabetico, il primo della lista è Babalot, il secondo è Bugo. “Da qualche parte dovrò pure iniziare”, mi dico, e allora cerco le due discografie e le scarico (illegalmente, chiaramente). Così a 15 anni ho scoperto due chicche, due dischi incredibilmente genuini e freschi, che conoscevano in pochi all’epoca soprattutto nell’ Abruzzo più remoto (Bugo poi ha trovato la sua strada più “mainstream”, babalot resta ancora oggi un progetto abbastanza nicchia).

Mac Demarco – “Salad Days” / Connan Mockassin – “Forever Dolphin Love”
All’università avevo quasi smesso di suonare. Giusto qualche strimpellata nel ruolo di guitar guy in piazza Verdi a Bologna, ma senza idee o progetti. Poi all’improvviso mi sono messo a scrivere, e questi dischi qua mi hanno fatto capire che i miei brani potevano indossare un vestito di quel tipo, con quella pasta sonora, dove la canzone e l’armonia sono in qualche modo “canoniche” , ma il sound oscilla, comprime, rilassa, volteggia… insomma, badilate di chorus e chitarrona sempre protagonista, ma guai a diventare riccardoni.

“Sempre, always… siempre” è il primo album di t vernìce

Nella musica di t vernìce le cose piccole e concrete diventano grandi e astratte, il serio si trasforma in faceto, il sensato svolta nel nonsense, il quotidiano si scopre straordinario, le certezze cadono. Tutto si contraddice e si mette in dubbio continuamente.

t vernìce "sempre, always… siempre" copertina album

Con un sound malinconico e cupo, ma allo stesso tempo morbido e avvolgente, t vernìce dà sfogo alla sua confusione e allo stesso tempo trova risposta nella musica. Le canzoni sono paragonate a delle piante domestiche: entrambe nate e cresciute nella sua cameretta buia, se innaffiate con passione e dedizione rappresentano quell’energia essenziale senza la quale tutto sarebbe asettico e vuoto.

Racconta t vernìce: “Mettiamo le piante nelle case piene di cemento, acciaio, semiconduttori, oggetti inanimati e prodotti artificiali per contrasto, per ricordarci dell’esistenza delle cose pure, naturali, vere, pulite, gentili. Se le curiamo con un po’ di impegno, fioriscono e vivono, e questo ricordo rimane vivo. Se invece le trascuriamo perché abbiamo troppo da fare, abbruttiscono la casa e quindi noi. Le piante domestiche non sono strettamente necessarie alla sopravvivenza eppure una casa senza piante è asettica, vuota, anche se è piena di oggetti. Forse tutte le cose non strettamente necessarie della vita sono piante da innaffiare. Forse le canzoni di questo disco sono piante che sono state innaffiate.”

t vernìce

“sempre, always… siempre” è un disco che nasconde un desiderio di evasione dalle abitudini imposte dalla società, dal mondo della musica stessa, dalle aspettative e dall’ambizione. Il cantautore presenterà i brani del suo primo album con un tour nei club.

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