
Time lapse, performance in arrampicata e atmosfere suggestive che suggeriscono rimandi alla potenza visiva di film come “I Sogni Segreti di Walter Mitty” e alla scrittura lignea di “Mauro Corona”.
Manu Delago รจ un poliedrico percussionista austriaco che si รจ evoluto melodicamente come il suo stesso strumento musicale. Esperto di Hang, polistrumentista e compositore, mostra con timidezza e appassionata gentilezza il suo ultimo lavoro all’intimo pubblico del Santeria di Milano, un mini-film sinfonico ed alpino ricco di poesia ed ascetismo.
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Diviso in capitoli come quelli di un diario di viaggio (7, come il numero dei musicisti partecipanti, selezionati fra un campionario di 500 suonatori), riportanti il titolo e l’altitudine delle location, la visione del mediometraggio prodotto e composto da Manu Delago si dispiega in immagini sonore delicate fra i silenzi e le mille voci della montagna, straripante di sussurri e fruscii. Nomi come “Alpine’s book”, “Lake Serenade”, “Ridge View” o l’eponima “Parasol Peak” fanno pensare a un’atmosfera colma di mistero e spiriti guida, nel raffinato accompagnamento di xilofono, violoncello, tromba, sax, flauto, percussioni, ruscello, pietra, neve, roccia, acqua, vento di altura e ovviamente hang. La scelta di fare da contorno alle risorse a disposizione (come elmetti e ramponi) e agli elementi naturali che sono i veri protagonisti di quello che piรน che un film รจ un esteso videoclip del musicista, fa pensare a influenze musicali raffinate come Arcade Fire, Gotye e Bon Iver (se solo il canto fosse presente alla narrazione).
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L’hang ha un potere rilassante ed immersivo, e il sax suonato come un didgeridoo acuisce il senso di indefinito in una musica che ha sempre una vena di malinconia. Sentendo i versi del vento nelle feritoie della neve che ricordano i mugolii di cuccioli di lupo, ci si addentra in uno spazio personale e profondo e si viene cullati dalle note di un piccolo ensemble itinerante che vuole omaggiare la possente bellezza degli elementi.
Nei suoi 5 giorni di registrazione tra gli 0 e i 5 gradi a settembre dello scorso anno, in condizioni ardue sia per i suonatori che per gli strumenti, “Parasol Peak” mostra un modo diverso e certamente piรน artistico di fare hiking ma soprattutto come, in assenza di parola e senza bisogno di traduzioni, la musica sia il linguaggio universale che raggiunge fin da principio il cuore di tutti gli interlocutori.
