
C’è un paradosso nella nostra stagione musicale. Se il ritorno dei Radiohead a sorpresa è la verifica dello stato di salute della civiltà occidentale, il ritorno de I Cani di Niccolò Contessa è la cartina di tornasole di una nevrosi domestica italiana.
In un panorama che chiede solo comfort music, sia gli inglesi che la band italiana trattano la musica come una questione morale. E in questo, Contessa è l’erede più fedele e sintomatico dell’estetica del disagio inventata da Thom Yorke. Con quattro date all’Unipol Arena di Bologna per la band di Oxford e ben cinque all’Atlantico di Roma per i capitolini, i due gruppi hanno catalizzato l’attenzione di pubblico e media negli ultimi giorni.
Il “disturbo” pop
L’analogia non si regge sulla discografia o sul fatturato ma sulla funzione. Entrambi i progetti creano un pop che non vuole arredare l’ambiente, ma disturbarlo. Non è sottofondo, è un sistema nervoso che registra il malfunzionamento.
Illuminante il confronto testuale. Entrambi i gruppi espongono il fallimento dell’individuo contemporaneo intrappolato in obiettivi irraggiungibili o, peggio, inutili. Le parole pronunciate da un androide in “Fitter Happier”, traccia fantasma di “OK Computer” risuonano come un epitaffio: Un lavoro che durerà nel tempo / Un gatto e due bambini / Più in forma, più felice, più produttivo / Un corpo migliore, un partner più attraente. Sul fronte italiano, Contessa mette nuove regole alle “Velleità” dei giovani d’oggi: Nichilisti col cocktail in mano che sognano di essere famosi come ‘Lucio Corsi’ / che appoggiato sul muro parla con la ragazza di qualcuno.
Yorke offre un catalogo globale della nevrosi da prestazione, freddo e disumanizzato. Contessa è la cartella clinica locale, l’inventario specifico e miserabile del fallimento della generazione italiana. Entrambi usano una prosa documentaristica, non lirica.
L’annullamento del sé
Di fronte al fallimento del sistema, la reazione è la medesima: la negazione della presenza, il desiderio di ritiro e l’annullamento del sé. Proprio su questo, nel 2000, i Radiohead pubblicavano “How to disappear completely”, estratto da “Kid A”: Tra un po’ me ne sarò andato / Il momento è già passato, cantava Yorke. Per I Cani, invece la realtà diventa distopia ne “Il posto più freddo”: Perché adesso la notte è finita e la droga è scesa / Ecco a voi la creatura più sola su questo pianeta, canta Contessa.
“How To Disappear Completely” si eleva a inno di fuga e attua la negazione dell’individuo nell’era della paranoia post-Internet. “Il posto più freddo” è la sua fedele traduzione in lingua da chat e nevrosi da ritiro sociale, che dimostra come l’ansia sia un point in comune sulla mappa di Google tra Oxford e Londra.
Il Dna condiviso tra Radiohead e I Cani
L’uso del suono e dell’immagine come arma di disturbo è la vera prova del Dna condiviso. Se Thom Yorke, in un capolavoro come “Kid A”, usa il glitch elettronico, il noise e i beat disarticolati come metafora del collasso mentale, Niccolò Contessa usa il lo-fi sporco, i synth volutamente cheap e le chitarre appena stonate per dare fastidio. Il rumore non è un errore, ma uno strumento narrativo che esprime l’alienazione di una generazione insoddisfatta.
Al concerto de I Cani, le proiezioni non decorano. Interpretano, e spesso fanno male. Il montaggio di carpe, mucillagine, fino a una mano di cadavere, è un memento mori pop dai toni pasoliniani. Yorke avrebbe approvato perché per l’inglese l’immagine non è sfondo, ma un referto visuale che inchioda lo spettatore.
Il ritorno sui palchi è quasi un atto politico. Entrambi chiedono un atto di fede al pubblico. Con i Radiohead la liturgia è cerebrale, Yorke muta forma e scaletta. Il gesto iconico – da sempre – è quello di imporre un’elettronica glaciale a un pubblico che chiedeva “Creep” per un atto di autoritarismo estetico che educa il pubblico al futuro. Invece Contessa non ha la levatura per l’autoritarismo, ma sceglie la massima vulnerabilità. Il suo stage diving quasi filosofico a fine concerto sulle note di “Lexotan”, con la richiesta di togliere i telefoni, è un atto di fede, di nudo affidamento alla platea ansiosa di abbracciare il poeta che per nove anni era scomparso tra qualche feat. e qualche disco di Coez. Il concerto per lui non è un intrattenimento passivo, ma un atto di mutuo riconoscimento tra l’artista e il suo pubblico.
Quando l’ansia diventa patrimonio culturale
Dire che oggi I Cani sono i Radiohead italiani vuol dire riconoscere che sono due entità che continuano a trattare la musica come una questione morale. E in questo, Contessa, nel suo piccolo universo di disagio metropolitano, è l’erede più fedele all’idea che la musica debba dire la verità aggirandola.
Questi sono due gruppi che fanno politica non attraverso dichiarazioni, ma attraverso la texture ansiogena del suono e l’impietosa radiografia dell’individuo contemporaneo. E siamo fortunati che oggi, qualcuno, lo faccia ancora.
