
“Sangue del Mio Sangue” è una dedica speciale, un regalo d’amore scritto per il compleanno della piccola Sole, figlia di Lobe. Con questo brano l’artista ha voluto celebrare il legame indissolubile tra padre e figlia, un rapporto fatto di promesse, complicità̀ e profondo rispetto.
“Quando è arrivata, ha stravolto tutto, ha preso la mia vita e l’ha riorganizzata a modo suo, rendendo ogni giorno più luminoso”, racconta Lobe. “Sangue del Mio Sangue” è una promessa, quella di esserci sempre, nei momenti di gioia e in quelli di difficoltà, senza mai invadere, ma con la certezza di essere una presenza costante. È anche un augurio per il futuro, che la vita di Sole sia un viaggio da vivere pienamente, con tutte le sue meraviglie e sorprese.

“Sangue del mio sangue” nasce come una dedica a tua figlia: com’è stato trasformare un sentimento così personale in una canzone da condividere con il pubblico?
È stato un processo delicato. Quando vivi un sentimento così forte e intimo, all’inizio hai la sensazione che appartenga solo a te, che sia qualcosa da proteggere. Però allo stesso tempo ho sentito che quel tipo di amore meritava di essere raccontato, perché è universale: chiunque ha amato profondamente qualcuno può riconoscersi in quelle parole. Scrivere la canzone è stato come mettere in musica una parte del mio cuore, e condividerla è stato un atto di fiducia verso chi ascolta. Non volevo risultare retorico, volevo semplicemente essere sincero.
Quanto della tua esperienza di padre ha influenzato anche la tua visione di artista e di uomo?
Molto. La paternità cambia le proporzioni di tutto: ti ridimensiona l’ego e ti amplia lo sguardo. Come uomo mi ha insegnato a essere più presente, più paziente e più consapevole di ciò che davvero conta. Come artista mi ha dato una nuova profondità emotiva: adesso non mi interessa solo fare buona musica, ma lasciare qualcosa che abbia un senso, una traccia. È come aver trovato un nuovo centro gravitazionale.
Hai una formazione classica ma una forte anima pop e rock: come convivono queste due anime nella tua musica attuale?
Non le sento in contrasto, anzi. La formazione classica mi ha dato struttura, disciplina e un amore per l’armonia, mentre il pop e il rock sono la parte più istintiva, quella che vuole arrivare diretta, senza filtri. Quando compongo cerco un equilibrio tra questi due mondi: la cura e la profondità della scrittura, unita all’impatto emotivo immediato. È come avere due linguaggi diversi per raccontare la stessa verità.
Hai descritto questa fase come l’inizio di un “Lobe 2.0”: cosa rappresenta per te questa evoluzione artistica e cosa possiamo aspettarci nei prossimi progetti?
“Lobe 2.0” è un nuovo capitolo. È la consapevolezza di chi ha vissuto, ha imparato e ora sa cosa vuole dire e come vuole dirlo. Non è uno strappo col passato, ma una maturazione. Nei prossimi progetti potete aspettarvi più verità, più coraggio e meno compromessi. Sto anche meditando un ritorno a sonorità più rock, magari in italiano, perché sento il bisogno di muovermi in un territorio più autentico, meno patinato, più vicino alla mia essenza.
