
“Promised Land” è l’album di debutto di Wafia, artista iracheno-siriana, nata nei Paesi Bassi e residente a Los Angeles, prodotto da Sabrina Claudio. Il disco è un riflesso del viaggio della cantautrice attraverso lo sfollamento, la sopravvivenza, la ricerca di una casa, intrecciando temi di resilienza e speranza. Sempre attingendo alle sue esperienze di donna araba queer.
Dopo essersi trasferita con la sua famiglia in Olanda, per fuggire dalla guerra, Wafia ricorda “vivevamo in un convento e non dispiaceva perché adoravo Sister Act. Ma queste suore non erano così divertenti.”. Mentre affrontavano l’islamofobia, arrivata subito dopo l’11 settembre, Wafia e la sua famiglia si trasferirono in un alloggio popolare.
Dopo essere cresciuta in Olanda si trasferisce con la famiglia in Nuova Zelanda, poi di nuovo nei Paesi Bassi e infine in Australia. E dal 2020 risiede a Los Angeles e i suoi genitori a Brisbane. La sua avventura è iniziata nel 2015 con la cover di “Let me love you” di Mario e ora, 10 anni dopo, arriva alla sua ‘terra promessa’.

“Promised Land” è il tuo primo album. Ma qual è la tua terra promessa?
È una giornata perfetta in cui c’è il sole ma non è troppo caldo per sdraiarsi. Ogni frutto che desideri è di stagione e perfettamente maturo. È un luogo di speranza che sceglie di credere che l’universo sarà senza punizioni per te.
Il tuo nuovo album è una celebrazione della speranza e una testimonianza di sopravvivenza. Puoi spiegarci meglio?
Sì! Sono così orgogliosa di questo album e di tutto ciò che ho imparato a superare nel tempo impiegato per realizzarlo. Ho trascorso molto tempo della mia vita in modalità sopravvivenza e questa è la prima vera volta in cui ho un po’ di respiro in alcuni aspetti della mia vita. Questo album è un riflesso di tutto ciò che è accaduto fino a questo punto.
In questo disco emergono generi diversi: canzoni R&B come “Something” o più anni ’80 come “Crystal Ball”. Ma qual è la tua vera anima musicale?
Sono cresciuta ascoltando così tanti generi diversi, essendomi trasferita così tante volte in giovane età. Questo ha davvero plasmato le mie abitudini di ascolto. Vivendo in Olanda ascoltavo molto Europop, in Australia ero davvero ossessionata dalla musica indie/alternative, e poi la musica araba veniva costantemente suonata in casa mia e mi sono ritrovata ad essere attratta dall’R&B come genere preferito da cantare. La mia anima musicale è riflessa in questo album, adoro ascoltare/fare tutto. Non riesco a sceglierne uno!
Pensi che la produzione di Sabrina Claudia abbia influenzato il suono del disco? E in quali tracce di più?
In larga parte! È stata così fondamentale per il completamento del disco e si può davvero sentire la sua impronta sonora: dalle sue voci di sottofondo, dalla scrittura delle canzoni, dalle scelte di produzione e dall’arrangiamento. Canzoni come “Dragonfly”, “Read Me”, “Something” non sarebbero le stesse senza di lei. Ma anche canzoni come “Crystal Ball” e “Mulberry Tree” non sarebbero state all’altezza se non ci avesse creduto lei!
Penso che “Promised land” sarebbe una colonna sonora perfetta per un film di Wes Anderson. Hai mai pensato di scrivere una colonna sonora? Per quale tipo di film ti piacerebbe farlo?
Oh, lo vorrei tanto! Da bambina ero una grande fan di Wes Anderson e mi piacerebbe un giorno far parte di una colonna sonora, in particolare di un film che esplora i temi della diaspora o l’esperienza dei bambini della terza cultura. Amo così tanto i film e mi piacerebbe un giorno far parte dell’espansione di un mondo in quel modo.
La tua carriera è iniziata 10 anni fa con una cover di Mario. Perché proprio quella canzone?
Era la mia canzone preferita all’epoca e lo è ancora! Mi piace molto cantarla e mi sentivo a mio agio nel mio mondo. Inoltre, all’epoca molte persone facevano cover e cambiavano i pronomi e ho fatto uno sforzo deliberato per non farlo ma anche per esprimere la mia omosessualità al suo interno.


