
“Spigoli” è il nuovo singolo di Pugni, nome d’arte di Lorenzo Pagni: di giorno psicologo, di notte cantautore. La canzone si muove come una marea: da una quiete e dolcezza iniziali, l’intensità e la tensione aumentano gradualmente fino a esplodere in un finale tempestoso, sporco e liberatorio.
Il brano è stato scritto dal cantautore pisano di stanza a Torino mentre stava attraversando “un periodo difficile in una relazione molto importante”. Un momento in cui “le reciproche parti oscure stavano venendo a galla, fino a rendere impossibile l’incastro dei diversi pezzi”. Ma Pugni ci racconta la sua verità: “Nessuno spigolo può essere veramente smussato a certi livelli di profondità”. E allora non resta che trasformare gli spigoli in angoli.
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Ciao Lorenzo! Come nasce “Spigoli”? E a chi è dedicata?
“Spigoli” è dedicata alla ragazza con cui stavo al tempo in cui l’ho scritta. Nasce dalla necessità di esprimere le contraddizioni che stavamo vivendo, e il tentativo di trasformare quelli che sembravano essere degli ostacoli (gli spigoli, appunto) in strumenti da utilizzare a favore della relazione stessa. Molto spesso quello che apparentemente sembra essere un problema può rivelarsi una risorsa se lo si ribalta e se ne fa un uso contrario a quello che ci indicherebbe una sua considerazione superficiale. Sarà trito e ritrito dirlo, ma i momenti di crisi sono le più importanti occasioni di cambiamento e crescita.
Spigoli e non angoli, come mai?
Ah, non ci ho mai pensato. L’inconscio è capace di anticipare le nostre azioni, come se contenesse, in potenza, delle tracce di ciò che faremo in futuro, di cui non siamo ancora consapevoli. Evidentemente c’era qualcosa che al tempo mi stava anticipando la fine di quella relazione. Per quanto ci abbiamo provato, infatti, non siamo riusciti a ribaltare tutti gli spigoli che abbiamo incontrato nel nostro percorso insieme. Rimane in ogni caso un bellissimo ricordo e questa canzone che abbiamo fatto nascere insieme.
La canzone è come una marea. Ma oggi tu ti senti più vicino alla quiete o alla tempesta?
Se c’è una cosa che mi piace del mare è la sua capacità di cambiare da un momento all’altro. Bisogna essere bravi a cogliere i primi segnali di cambiamento (l’odore dell’aria, la velocità del vento, le prime increspature sulla superficie dell’acqua), ma in ogni caso non potremmo arrestare la sua volontà. Ecco, a volte mi avvicino al mio umore e alla mia emotività un po’ come quando sono a riva del mare. Quindi se mi chiedi come sto ti posso solo dire come sto in questo esatto momento, ma potrebbe cambiare da un momento all’altro. Che fatica eh.

Di giorno fai lo psicologo, di notte il cantautore. Hai mai (velatamente) messo nei tuoi testi qualche confessione di altri?
Assolutamente sì, più che velatamente direi. Lavoro in una clinica psichiatrica e ascolto storie al limite del credibile. Le persone che ho la fortuna di conoscere spesso vivono in una realtà separata dalla luccicante società capitalista, all’interno della quale il dolore non trova spazio. A volte ho come l’impressione che ci si voglia ingannare rispetto al reale stato delle cose: come se si preferisse vivere in uno stato di irresponsabile incoscienza piuttosto che accogliere la realtà per quello che è. Luce sì, ma anche buio. Le persone che incontro in colloquio, invece, che spesso fanno fatica a trovare spazio in questa splendente e “tiktokabile” realtà, sono depositari di un’autenticità che è sempre più rara. Sto imparando molto, tanto che sono convinto che dai colloqui ne esca arricchito almeno quanto loro. Inevitabilmente nelle canzoni ci sono anche le loro storie, spesso mescolate alla mia.
Presto uscirà il tuo primo album. Credi che “Orchestra di silenzi” e “Spigoli” riescano a catturare davvero ciò che vuoi esprimere?
È un album abbastanza eterogeneo nelle sonorità, anche se ci sono degli elementi che fanno da collante. Per quanto riguarda le tematiche e l’approccio alla scrittura, probabilmente sì.
