Buzzy Lao: «Non demonizziamo i fallimenti, fanno parte del nostro percorso»

Buzzy Lao

“Fra un milione di stelle” è il nuovo singolo del cantautore e chitarrista piemontese Buzzy Lao. Questo afrobeat cantautorale parla di temi molto cari alla visione musicale di Buzzy Lao come la consapevolezza emotiva, la fiducia in sé stessi e la rinascita personale.

Partendo da esperienze a lui vicine, Buzzy Lao prova a raccontare nel brano “lo stato di ansia e la paura che possono sovrastare chiunque in alcuni periodi della vita. Il brano vuole essere una boccata di ossigeno, un sogno ad occhi aperti per tutte quelle persone che stanno combattendo una battaglia interiore o anche una vera e propria guerra senza esserne gli artefici.”

Buzzy Lao ritrova se stesso, anche se per farlo ha dovuto confrontarsi quotidianamente con “ideali e dinamiche sociali che faccio veramente fatica ad accettare”.

Buzzy Lao "Fra un milione di stelle" cover

In “Fra un milione di stelle” canti di consapevolezza emotiva, fiducia in sé stessi e rinascita personale. Questi temi fanno parte di un percorso introspettivo che hai intrapreso negli ultimi due anni. Puoi dirci di più?
Negli ultimi due anni ho avuto l’occasione di fermarmi e di ascoltare me stesso. Ho meglio definito quelli che sono i miei limiti e questo mi ha dato l’opportunità di esprimermi in modo più pulito ed efficace anche nella mia musica e nei miei testi. Questa canzone parla proprio di questo, della paura di dover sempre dimostrare qualcosa e della capacità di andare oltre, credendo nelle proprie capacità perché alla fine solo e soltanto noi sappiamo in che punto siamo del nostro viaggio e nessuno ci può far credere il contrario.

Dici che, nel ritrovare te stesso, ti sei confrontato quotidianamente “con ideali e dinamiche sociali che faccio fatica ad accettare”. A cosa ti riferisci nello specifico?
Mi riferisco a quelle dinamiche sociali che ci spingono a raggiungere un ideale di perfezione che in molti casi porta inevitabilmente all’infelicità. La mia idea è di non demonizzare i fallimenti e gli errori, perchè fanno parte del percorso naturale di ognuno di noi, sbagliare è davvero importante e non è educativo e utile giudicare solamente in base ai risultati. La nostra società invece si rivela spietata in diversi ambiti, e questo fa il gioco di chi è in una posizione di privilegio.

Parli di un “luogo ideale in cui guardare e ritrovarsi nella semplicità”. Cos’è per te la semplicità?
La semplicità è facile da vivere ma molto complicata da ottenere, è il frutto di un grandissimo lavoro personale ed per me uno degli obbiettivi principali della mia musica, riuscire ad andare in profondità ma senza risultare complessa, credo che questa sia la vera sfida che mi pongo. A livello personale è molto simile, riuscire a godere delle cose più semplici vuol dire anche impegnarsi per non essere distratti o influenzati da cose che ci tolgono qualcosa invece di arricchirci.

Il brano è afrobeat cantautorale. Come ti sei avvicinato al genere afrobeat? Credi che la produzione di Florian Monchatre abbia influito sul risultato finale?
Assolutamente si, Florian è per me un Guru di questo tipo di produzioni, riesce a far esprimere la parte più ritmica di un brano senza svalutarne la parte melodica, è un vero mago in questo. Il genere afrobeat è quello che più mi ha affascinato in questi anni e da amante del blues continuo sempre la mia ricerca verso l’origine di questo suono, e passando dall’America e ripercorrendo il suo passato si arriva inevitabilmente in Africa dove il Blues è nato e dove ci sono una miriade di diverse sonorità che ancora vanno capite ed esplorate.

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