
di Marzia Picciano
Da che doveva essere una domenica di diluvio che ha indotto i milanesi e non presenti all’idroscalo a matchare calosce e brillantini – manco fossimo a Glastonbury – la serata è stata più che clemente e ha regalato un gran clima per la chiusura del Mi Ami, il Festival per eccellenza della nuova musica importante a Milano. Anzi, senza la calca del sabato la visione di una scaletta di prim’ordine ha permesso di godere in tranquillità dei live di tutti gli artisti, fino alla festa sul palco di Cosmo.
Ginevra. Elisa incontra Francesca Michelin in autotune alla ricerca di Imogen Heap, ne esce una soluzione nuova, interessante, fresca, che mi dà la stessa sensazione delle prime volte che ho ascoltato “Manuale Distruzione” (e guarda dove sta la sua autrice oggi). Farà strada.
Colombre. Diecipiù, anche solo per la camicia. Fresco, bravo, divertente, dolcissimo con Maria Antonietta, è quello che ti dice di saltare scuola o università per andare a fare il bagno in un posto fighissimo – magari c’è andato altre dieci volte prima ma ogni volta lo presenta bene -. Buona anche la prima con Chiello con il nuovo pezzo.
Bud Spencer Blues Explosion. I Tame Impala italiani, ma forse loro c’erano da prima, incluse le scenografie. Sempre belli e di qualità.
I nomi più caldi della domenica del Mi Ami 2023
Le luci della centrale elettrica. Vasco Brondi doveva fare “Canzoni da spiaggia deturpata” poi ha fatto un po’ di tutto (buono!) e dispensato aneddoti sulla sua esperienza. Il contrasto dopo i JockStrap nel passare a valutazioni esistenzialiste e combattentiste lascia uno straniamento che è un po’ come passare da un multiverso all’altro. Precisamente sei passato dal mondo con le dita molli a Bologna in versione Blade Runner con i replicanti che sono iscritti tutti alla FIOM. Però sempre tanta roba.
Tommaso Paradiso & i Baustelle. Ok, torniamo alla questione del multiverso. Perché Paradiso ha pubblicamente ammesso di starlo vivendo ora, esattamente quando ha ricordato di essersi presentato alla FNAC anni fa ed aver chiesto a Bianconi di andare a cena insieme e questi gli rispose molto tranquillamente “No”. Cosa sia successo nel frattempo non si sa. Sto cercando ancora di capire cosa penso di “Amore Indiano”, ma prima c’è stato un karaoke che non so se era una via mistica indicata dal duo più culturalmente eclettico d’Italia per aprirmi la visione sul nuovo pezzo. Però ho cantato, lo ammetto.
Levante. Sono di parte. Levante è un organismo sovraterreno e sovraelevato, sia che si faccia bionda o torni mora, ha tantissimo amore che vorrei me ne desse un po’ per non bestemmiare contro i casi umani che incontro ogni giorno. Però il palco del Mi Ami sembra quasi piccolo per lei che ora è cosmica. Ha tentato di cantare “Alfonso” in portoghese (carinissima) ma il pubblico l’ha forzata a tornare a cantarlo in italiano. Del resto per sfogarci vogliamo usare la nostra lingua.
Cosmo. Vabbè che dobbiamo dire, la serata era sua, la gente lo adora e lui va in creazione totale. Tutti sul palco alla fine insieme al profeta della festa perfetta. Peccato che a mezzanotte molto siano dovuti scappare. Doveva esibirsi sabato!
Spazio anche agli internazionali
Jockstrap. Incursione anglofona che ricorda i Sofi Tukker, se mai fossero nati negli anni ’80 e avessero deciso di sacrificare il synth al monolitismo della presenza sul palco dei Kraftwerk. Invece Georgia Ellery è una fatina che combina teatro, chitarra e archi a una mise dorata al gusto elettro pop del collega Taylor Skye che si inserisce perfettamente nell’atmosfera bucolica e colorata del Mi Ami. Bella scoperta.
Deki Alem. Sono arrivata troppo tardi, c’era scritto Svezia, m’aspettavo due biondoni allampanati e invece ho due fighi di colore che rappano come Channel Tres. Niente, sono vittima degli archetipi stereotipati che la Svezia ha già eliminato da anni. Come dicevo, fighi!



























