
Emily Underhill รจ un’artista in divenire, un’essenza luminosa in un corpo delicato ed introverso con una voce raffinata e lirica. La sua musica รจ altrettanto sottile ed intimista ma traboccante di un’interioritร munifica che avvicina le anime.
Compositrice e producer londinese in pieno stampo indie-elettronico, stilisticamente si lascia sedurre da influenze vicine ai Sigur Ros, Lorde, Dido, Foxtrott. Giureremmo di sentirci anche un filo di Florence and The Machine ma con una verve piรน affine a quella di Lana del Rey.
Se dovessimo descrivere la raccolta esibizione di cui si รจ fatta protagonista ieri al Santeria Paladini di Milano, la giusta scelta di parole sarebbe “intensa ed avvolgente”.
“Avalanche”, del resto (lett. “Valanga”, disco in arrivo il 14 giugno), รจ da intendersi in questo senso: non si parla di impeti prorompenti, ma di travolgenza emotiva.. a partire da un singolo fiocco di neve. A volte servono mezzi piรน complessi, altre bastano voce, chitarra e loop station per esternare il tutto. Molti testi all’interno del disco mirano alla pancia, parlando di autoconsapevolezza, di superamento di ostacoli e di conseguente edificazione: dopotutto, il cammino verso la propria realizzazione รจ lastricato di avversitร . E l’artista stessa ne sa qualcosa, dato che nel gennaio del 2018 subรฌ una frattura al gomito talmente grave da comportare due operazioni e l’idea sgomenta che non avrebbe piรน potuto suonare decentemente il pianoforte o la chitarra.
12 mesi di pura forza di volontร hanno dato luce al suo ultimo album, fra gelidi synth ed evocativi riverberi di chitarre, fra richiami naturalistici a terre elfiche e tracce che affermano le proprie posizioni contro il sessismo, contro l’isolamento e la chiusura interiore. Promuovendo l’uscita allo scoperto su di un piano sia figurato che letterale (parlare ed affrontare i propri terribili disturbi, i propri meravigliosi difetti), Tusks ci regala un’esperienza che sa di perdono e di carezza, tanto nel disco quanto nel live
