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Envoy: “Siamo Molto Affascinati Da Tutto Ciò Che È Più Grande Di Noi”

“Backwads” è il singolo di debutto degli Envoy, vincitori di LAZIOSound, gruppo composto da Enrico, ‘quasi geologo’ e specializzando in planetologia, Luc, italo-francese dallo spiccato french-touch sonoro e Carlo, italiano di origini inglesi, studente di Fisica e appassionato di fisica pura.

Un <<biglietto da visita>> dal sound minimalista con influenze che vanno dall’alternative britannico fino al trip hop, in grado di far incontrare le sonorità di Radiohead, Massive Attack, U2, Blur, con una spiccata nota sperimentale.

Ecco l’intervista agli Envoy!

Quando e come nasce “Backwards”?
“Backwards” è una canzone che nasce dall’esigenza di trovare un punto fermo, un posto in cui stare, in un mondo che riusciamo sempre meno a comprendere, intrappolati in una routine fatta di caos, frenesia e luci, mentre ciò che è intorno a noi si trasforma a velocità sempre meno accessibili. È una canzone che riflessiva, che parla dello scorrere del tempo, e dell’impossibilità di sottrarsi ad esso, sull’insofferenza e sul disagio portati dalla società iper-accelerata in cui viviamo, ed è un invito a fermarsi e riflettere su ciò che veramente è importante, e che spesso viene perso di vista.

A proposito del titolo del brano, voi vi siete mai guardati “indietro”?
In realtà capita spesso di guardarci indietro. Quando si scrive una canzone il passato assume un ruolo primario, con i suoi suoni, le suggestioni, i ricordi. Nelle canzoni in cui parliamo di temi più intimi o personali è sicuramente un motif ricorrente. In generale, ciò che vorremmo sottolineare è il concetto del tempo. Abbiamo sempre avuto una relazione speciale con il tempo e i suoi paradossi, e questo spesso traspare nella nostra musica. È il caso proprio di “Backwards”, che si ripropone di indagare una precisa, delle tante sfaccettature dello scorrere del tempo.
Questa del tempo è un’idea che ci piace talmente tanto che saremmo capaci di scriverci su un album intero. Scherzi a parte (sarebbe davvero troppo noioso, e la nostra carriera finirebbe ancor prima di iniziare).

Negli ultimi anni la musica in Italia è sempre più pop-centrica, come vi sentite a fare un genere diverso dalla massa?
Risposta onesta? Bene. E non potremmo altrimenti. Purtroppo, o per fortuna, siamo sempre stati piuttosto scollegati dall’immaginario di cui ci hai detto sopra, probabilmente a causa della nostra esperienza. A questo aggiungi il tempo che tutti abbiamo passato lontano dall’Italia (tanto), l’avere un batterista per metà francese, e un chitarrista cresciuto in UK; a questo punto verrebbe da chiedersi effettivamente quale sia la nazionalità di questo progetto. E sinceramente? Non ci importa granché. Non vogliamo essere assimilati a una scena, o a un luogo d’origine. Facciamo quel che facciamo perché non potremmo fare altrimenti. Questo nostro è l’unico modo che conosciamo, è nella nostra personalità, ed è il filtro con cui preferiamo condividere la nostra visione del mondo.

Dai Radiohead ai Blur, dagli U2 ai Massive Attack. Spaziando tra le band anglofone avete trovato la vostra dimensione. Vi piacerebbe suonare sul palco di un festival inglese? Quale?
Il sogno più grande è senza dubbio quel campo pieno di fango chiamato Glastonbury.

Geologia, french-touch e fisica. Credete che le vostre passioni e i vostri studi abbiano influenzato anche la musica che componete? In che modo?
In parte è una questione di gusto, e in parte una questione pratica. Siamo da sempre profondamente attratti dalle vecchie e dalle nuove tecnologie, e spesso cerchiamo di incorporarle nella nostra musica. In alcuni pezzi abbiamo pensato: come ricreare la sensazione dello spazio con la chitarra? Come facciamo a dare l’idea di un razzo che parte usando un sintetizzatore? Siamo molto affascinati da tutto ciò che è più grande di noi, e quale miglior esempio dell’immensità del cosmo? Ci sono prospettive che crediamo intimamente necessarie al nostro sviluppo in quanto esseri umani; prospettive che si hanno soltanto quando si è posti davanti alla vera scala dell’universo. Lo studio e la conoscenza portano consapevolezza, ma anche un profondo senso di umiltà, e reverenza verso il mondo. Riguardo questo, qualche tempo fa ci siamo trovati a dover scegliere tra una serie di campionamenti da inserire in una canzone, si tratta di un pezzo che parla proprio di questo, e alla fine abbiamo optato per un certo famoso discorso dello scienziato e divulgatore Carl Sagan, voce narrante che ha talvolta accompagnato i pomeriggi delle nostre infanzie.

C’è poi la parte strettamente pratica, che riguarda il nostro presente più che mai: oltre ad essere grandi smanettoni, siamo anche dell’opinione che ogni cosa possa tornare utile in qualche modo: più conoscenze e maestranze hai in tanti campi, meglio è. Siamo tutti appassionati di fotografia, luce, elettronica di ogni tipo, e ovviamente scienza, e questo ci permette di avere molta libertà in ambito creativo. Non succede di rado che una conoscenza acquisita in un altro campo possa tornare utile in fase di scrittura della musica.

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