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RON GALLO: la recensione di “Stardust Birthday Party” (2018)

Recensione End of a Century "Stardust Birthday Party" cover copertina

NOME

Ron Gallo

GENERE

Garage/Indie-rock

ESORDIO

RONNY (2014)

ULTIMO ALBUM

Stardust Birthday Party (2018)

COPERTINA

"Stardust Birthday Party" cover copertina album Ron Gallo

ELENCO CANZONI

Who are you? Point to it!
Always elsewhere
Prison décor
Party tumor
Do you love your company?
“You” are the problem
OM
It’s all gonna be OK
I wanna die (before I die)
Love supreme (work together)
The password
Bridge crossers
Happy deathday

 

VIDEO/SINGOLI DALL’ALBUM

 

PUNTO DI VISTA

Voce alla Eric Burdon degli Animals, genere post-punk in pieno stile British Invasion con influenze indie garage e mod revival (dai Kaiser Chiefs, agli Stooges a Frank Zappa) e aspetto da Lucio Battisti con un tocco scapigliato che sembra dire “rock & roll is not dead. You are!“.

Ron Gallo, classe ’87, è un chitarrista e songwriter statunitense del New Jersey (landa dove le influenze folk, R&B e Blues sono sempre state più forti, il che fa di lui una vera bizzarria stilistica). È divertente, è frizzante, è freak e antidivo, è beffardo e mordace. In una parola: è rock. C’è dell’edonismo glam rock e stonesiano in questo cespuglio afro castano, ora esplosivo come Jarvis Cocker dei Pulp, ora meditativo come l’ultimo Robert Plant di Carry Fire. E noi ve lo vogliamo far conoscere meglio.

Stardust Birthday Party parla dell’evoluzione umana. In particolare, di un’evoluzione umana: la mia, Ron Gallo”.

Quello sottomano è il suo quarto album in ordine di pubblicazione, “Stardust Birthday Party”, in uscita il 5 ottobre per New West a poco più di un anno dal debut LP che l’ha portato alla ribalta, Heavy Meta. Preceduto dai video “Always Elsewhere” e “Do You Love Your Company?“, Stardust Birthday Party è un 33 giri patinato fatto di istrionismo rock ‘n roll e strizzate d’occhio perfettamente calibrate a Stones, Beatles e Talking Heads: chitarre fuzzy e rumorose ma bilanciate con un lungo e profondo riverbero, acuti in delay oscillanti tra l’intonazione Lennoniana e gli urli di Pelle Almqvist degli Hives, spacconeria e piaggeria in giacca di pelle (stavolta solo la stoffa). Oltre questo, l’album è il risultato di un importante percorso interiore dopo un primo disco creato da “un ragazzo di Philadelphia perso a metà dei suoi vent’anni, in una relazione con qualcuno che stava lottando con problemi di salute mentale e con una devastante dipendenza dall’eroina”.

Recensione "Stardust Birthday Party" Ron Gallo

L’album segue il viaggio di Ron nel risveglio, nella destrutturazione personale, nei momenti di fredda febbricitanza che iniziano col preciso messaggio: “Who Are You? (Point to it!)“. Esamina l’odiarsi, l’ansia e la follia in canzoni come “Always Elsewhere” “Party Tumor” e “Do You Love Your Company?”, che portano alla fine alla risposta: “You Are The Problem“. La seconda metà dell’album rappresenta il sottile e lento passaggio verso uno sguardo più luminoso, misericordioso, oltre che la parte musicalmente più interessante ed accattivante dell’opera (da “I Wanna Die Before I Die” ad “Happy Deathday” sono tutti brani assolutamente ammalianti). Gallo rende omaggio al personale risveglio spirituale di John Coltrane (forse il più grande sassofonista della storia del jazz) in “Love Supreme (Work Together!)“. L’album si chiude con “Happy Deathday“, che sfida a dimenticare con un ossimoro qualunque cosa si è arrivati a conoscere, e ad abbandonarsi, riscoprendo se stessi in un atto di alienante amor proprio. L’autodefinizione di Gallo come “weirdo punk-poet persona” infatti non ha a che fare con la rabbia e la sete di rivalsa tipica della cultura punk, piuttosto con un profondo desiderio di rinascita emotiva.

“Stavo scrivendo “Heavy Meta”, la finestra perfetta per vedere il posto che avrei voluto evitare per sempre: me stesso. Stardust Birthday Party” racconta invece il percorso interiore, l’amore, il cambiamento: sono io che ballo mentre distruggo la persona che pensavo di essere. Nel libretto dell’album di John Coltrane “A Love Supreme” lui scrisse: “Durante l’anno 1957, ho vissuto, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che fu lì per portarmi in una vita già ricca, più piena e più produttiva. A quel tempo, in gratitudine, chiesi umilmente di darmi i mezzi e il privilegio di fare felici gli altri attraverso la musica”.

È quello. È la pura essenza della creatività. Ecco perché questo album esiste.

Grazie, se vorrete condividere questo con me.”

VOTO: 7,5

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